Chi è proprietario di un bene ne può fare quello che vuole: venderlo, distruggerlo, regalarlo, farvi iscrivere un’ipoteca, affittarlo. E questo vale anche per i beni ricevuti in donazione. La donazione è, infatti, un atto di per sé irrevocabile (salvo per sopravvenienza di figli o indegnità) e, pertanto, una volta che il bene è entrato nel patrimonio del donatario difficilmente ne può uscire se non per volontà di quest’ultimo. Ciò significa che si può vendere subito una casa ricevuta in donazione, ma tenendo conto di alcune considerazioni importanti che a breve faremo. Considerazioni legate ai problemi fiscali e di eredità che possono verificarsi alla morte del donante con gli eventuali eredi.
Prima però di spiegare quali problemi si possono verificare in caso di vendita di una casa ricevuta in donazione, è necessario fare delle premesse.
La donazione di una casa è un atto che viene compiuto con una certa frequenza nell’ambito familiare. Lo scopo è, a volte, per evitare le aggressioni dei creditori, mutando l’intestatario del bene. Ma, nella maggior parte dei casi, lo scopo della donazione è di anticipare la sistemazione del patrimonio immobiliare di una persona, di modo ché, al momento della sua morte, non vi siano liti tra gli eredi. In realtà, proprio la donazione è la causa delle maggiori controversie legali: questo perché, nel calcolare le cosiddette quote di legittima – ossia quel “minimo sindacale” di patrimonio che spetta al coniuge, ai figli e agli ascendenti – vanno considerate anche le donazioni ricevute dal defunto quando era ancora in vita. Tanto per fare un esempio, se una persona ha tre case e ne regala due a uno dei suoi tre figli, alla sua morte quest’ultimo non avrà alcun diritto ereditario sulla terza casa e, anzi, potrebbe essere tenuto a restituire ai fratelli – anche loro eredi del papà – uno degli altri due immobili ricevuti in passato (i calcoli variano in base al valore dei beni). Ciò perché il donatario ha ricevuto molto di più rispetto ai fratelli, ledendo le loro “quote minime” di eredità (cosiddetta «legittima»).
In caso di lesione dei diritti dei legittimari si può esperire, entro dieci anni dall’apertura della successione, l’azione di riduzione e si può chiedere la restituzione dell’immobile oggetto di donazione se non sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione.
Decorso tale termine la casa non può essere più aggredita dai legittimari lesi e non sussistono, pertanto, rischi per i terzi acquirenti. I legittimari vanteranno un credito corrispondente nei confronti del donatario.
Cosa significa tutto questo? Che certamente si può vendere subito una casa ricevuta in donazione poiché l’atto è valido e non viola la legge. Tuttavia, il terzo acquirente, se non sono passati 20 anni dalla donazione o, in caso di morte del donatario, 10 anni dall’apertura della successione, può subire l’azione degli altri eredi per ottenere la restituzione del bene sempre che detta donazione abbia leso le loro quote di legittima. Ecco perché difficilmente le banche finanziano l’acquisto di un bene avuto in donazione. Lo finanziamo solo nel caso in cui i legittimari rinuncino immediatamente (e lo possono fare con una dichiarazione scritta) all’azione di riduzione loro spettante. In tal caso l’immobile oggetto di donazione potrà essere tranquillamente venduto anche se non sono ancora decorsi venti anni dalla trascrizione della donazione.
Ecco quindi che si sente spesso dire che la donazione di un immobile è un atto “traballante” perché gli eredi del soggetto donante potrebbero, anche dopo molti anni, far valere i propri diritti e chiedere la restituzione del bene non solo al donatario (il beneficiario, cioè, della donazione), ma anche nei confronti di eventuali terzi che da quest’ultimo abbiano acquistato l’immobile. Si pensi, ad esempio, al caso di Tizio che doni la propria casa al figlio Caio e questi, a sua volta, la venda a Sempronio. Alla morte di Tizio, i fratelli di Caio, che ritengano di essere stati lesi nei loro diritti di eredi, potranno impugnare la donazione e, in tal modo, ottenere la restituzione del bene anche da Sempronio.
Quindi, per vendere più facilmente una casa ricevuta in donazione sarà bene farsi firmare una dichiarazione dagli eredi del donante in cui gli stessi dichiarano di rinunciare a qualsiasi azione di «riduzione della legittima» nei confronti dell’acquirente dell’immobile.
La vendita di una casa avuta in donazione può comportare anche problemi di carattere fiscale. Numerose a riguardo sono state le contestazioni mosse ai contribuenti: simulazione, interposizione reale e fittizia, evasione, elusione, abuso, risparmio d’imposta. Lo schema di donare a un familiare una casa o un terreno per consentire a quest’ultimo di venderlo genera infatti una totale (o, comunque elevatissima) detassazione della plusvalenza latente ai fini Irpef, grazie al combinato effetto della non imposizione del primo atto (gratuito) e della favorevole modalità di determinazione dell’imponibile nel secondo atto (a titolo oneroso). Vediamo le norme interessate.
Per legge [1] sono imponibili come redditi diversi «in ogni caso» le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
Diversamente, i terreni agricoli determinano plusvalenza imponibile se ceduti entro i cinque anni dall’acquisto, con esclusione di quelli ricevuti in successione.
Se la provenienza del terreno è a titolo di donazione, l’Irpef sulla plusvalenza scatta se la cessione entro i cinque anni avviene dall’acquisto operato dal donante (questa disposizione, secondo parte della dottrina, non è applicabile alle aree edificabili [2]).
Sempre la legge stabilisce che [3], per i terreni acquistati per effetto di successione o donazione il costo è quello dichiarato a tali fini, o in seguito definito e liquidato, aumentato di ogni altro costo successivo inerente. Per cui la vendita di un’area edificabile a un corrispettivo pari al valore attribuito in sede di precedente donazione azzera la plusvalenza. In caso di terreno agricolo, la combinazione si presenta conveniente solo laddove tra l’acquisto del donante e la successiva cessione da parte del donatario siano trascorsi meno di cinque anni.
L’Agenzia ha sempre cercato di opporsi a questo schema, talvolta ipotizzando l’interposizione fittizia, altre volte ravvisando un percorso elusivo.
Articolo pubblicato da: La Legge per tutti.
Con nota del Notaio Massimo D’Ambrosio in merito alle donazioni:
Vi alleghiamo un interessante link con delle specifiche del notaio D’Ambrosio: https://mioblog.notaiopescaradambrosio.it/impugnazione-donazione-eredi/
Occhio alle donazioni !
spesso utilizzate in modo economico per passare proprietà ad altre persone, con leggerezza consigliate anche da alcuni notai.
INCONTRIAMO NOTEVOLI DIFFICOLTA’ nel commercializzare immobili provenienti da donazioni, soprattutto se il donante é appena scomparso e non sono trascrosi i dieci anni.
Pochissime le banche disposte a far mutui su tali immobili e non con poche limitazioni.
mia madre vorrebbe donarmi un terreno restando lei la proprietaria fin che’ lei e in vita, come possibile?
Salve: i limiti conseguenti alla donazione non si estingueranno con la morte – quando avverrà – di Sua madre bensì dopo dieci anni dalla morte di Sua madre.
Ne consegue che tali limitazioni sulla vendita saranno presenti ancora a lungo sull’immobile.
Se desidera vendere – già da oggi – tale terreno, lo ponga immediatamente sul mercato attraverso la persona di sua madre.